Djavadi Négar - 2016 - Disorientale by Djavadi Négar

autore:Djavadi Négar [Djavadi Négar]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
Tags: Fiction, Literary
ISBN: 9788866329084
Google: Yzo1DwAAQBAJ
editore: E/O Edizioni
pubblicato: 2017-09-19T22:00:00+00:00

Riporto un articolo di Le Monde del 2 febbraio 1989 scritto in occasione del decimo anniversario della Rivoluzione iraniana: “...Sadr fu il primo intellettuale a rivolgersi direttamente allo Scià. Nella lettera aperta che scrisse nel 1976 e che rapidamente cominciò a circolare tra gli studenti, di cui molti furono arrestati per esserne stati trovati in possesso, denunciò apertamente le contraddizioni del regime, la repressione, la mancanza di libertà d’espressione e il baratro economico esistente tra l’élite e il popolo, tenuto fuori dai colossali profitti generati dal denaro del petrolio. La sua lettera può essere considerata come la prima pietra della Rivoluzione iraniana del 1979”.

Lessi l’articolo a Bruxelles una domenica mattina. Con la mente in subbuglio e le narici incrostate di nicotina uscivo da una serata dedicata alla scena artistica fiamminga che aveva avuto luogo al Beursschouwburg, immensa sala da concerti e performance alternative. Passando davanti all’edicola di boulevard Anspach decisi di non rientrare subito nel monolocale ammobiliato che avevo in affitto dall’altra parte della città, ma di comprare il giornale e rifugiarmi in un caffè. Non mi piaceva leggere Le Soir, quotidiano belga al quale non ero abituata, e di quando in quando, per avere notizie del “mio” paese, mi concedevo il lusso di un giornale francese, in genere Libération. Quel giorno tuttavia optai per Le Monde, perché c’era più da leggere e dunque avrei ritardato il momento di tornare a casa.

Capitare su quell’articolo e leggervi il nome di mio padre fu uno shock. Rilessi il paragrafo parecchie volte pervasa da un’emozione a metà tra fierezza e riconoscenza. Per la prima volta un giornalista occidentale parlava di quella lettera e del ruolo decisivo che aveva avuto nella Rivoluzione. Per la prima volta Ruhollah Khomeini non era più considerato come l’unico precursore di quel capovolgimento. Ancora oggi se vi avventurate nella massa di articoli e saggi dedicati alla Rivoluzione del 1979 vedrete che nessun osservatore occidentale, nessuno di quelli che pretendono di conoscere il Medio Oriente fa lo sforzo di vedere la Rivoluzione iraniana come un movimento di protesta di intellettuali, un anelito sorto nelle università e portato avanti da una gioventù illuminata, anziché orchestrato dal vecchio col turbante allora in esilio in Iraq. Cedendo alla facilità storica, alla drammaturgia western del faccia a faccia tra uomini, quegli osservatori propongono una lettura concentrata soprattutto sugli ultimi mesi del 1978, il rettilineo finale, quando Khomeini, diventato figura messianica, occupava simbolicamente lo spazio dell’opposizione e l’Islam si imponeva come baluardo contro la società non egualitaria plasmata alla corte del re.

La prima volta che ho visto la faccia di Khomeini dev’essere stato un anno dopo La prima lettera. Era un ritratto in formato poster che ci aveva portato Zio Numero Cinque. Un influente mercante del bazar, amico di gioventù di Zio Numero Cinque, gliel’aveva dato perché lo regalasse a suo fratello. Dietro il poster aveva scritto qualche parola che esprimeva il suo rispetto e la sua amicizia. Zio Numero Cinque, costantemente preoccupato per il proprio negozio di elettrodomestici e costantemente sull’orlo del fallimento, lontano

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